Le icone di lavoro dei programmi di fotoritocco dal digitale alla pittura murale. Di Giuliano Valeri

Le icone di lavoro dei programmi di fotoritocco dal digitale alla pittura murale - 08.05.06
"Il termine Post-digitale si riferisce alla capacità del computer di gestire l'ambiguità e l'imperfezione. [...] L'era post-digitale è quando il computer diverrà tanto umano come noi ovvero quando diverrà analogico come noi."John Maeda [1]
Nella nostra vita è sempre più intenso l'uso dei nuovi strumenti digitali per il lavoro, il divertimento e la comunicazione. Attraverso di essi nuovi concetti e stili di vita sono veicolati e assimilati più o meno inconsciamente mutando radicalmente il panorama socio-culturale. Nella stessa maniera il linguaggio operativo del computer si definisce come un sistema di significati, metafore e regole nuove, parallelo, e in parte alternativo, a quello che condividiamo fin dalla nascita. Le metafore utilizzate nell'interfaccia uomo-macchina influiscono in maniera sempre più intensa nella nostra percezione dei segni, come è stato evidenziato dai docenti universitari Donald A. Norman e Giovanni Anceschi che hanno esaminato da un punto di vista cognitivo i condizionamenti e le ripercussioni che l'impiego della generalità delle tecnologie ha sul pensiero e sulle relazioni umane.



Susan Kare, Icone per l'interfaccia grafica dell'Apple Macintosh, 1983-1984


L'icona, come trasposizione digitale di uno strumento fisico, influenza anche l'estetica e si impone essa stessa come parte di un linguaggio che è espressione grafica delle nuove potenzialità virtuali offerte dal computer. Tutte le piccole icone chiuse in caselle, che fanno parte della palette strumenti di un programma di grafica come Photoshop, sono di fatto i veri "attrezzi" di lavoro dei nuovi grafici: da riduzioni grafiche semplificate degli alter ego fisici assumono sempre più una loro identità, che si impone anche nel patrimonio iconografico di chi li usa. Un esempio: nel quartiere S. Lorenzo a Roma, in via degli Apuli, incrocio via dei Sardi, sul muro di recinzione di un palazzo, è visibile uno stencil che è espressione di questo bagaglio culturale e di questa aggiornata coscienza grafico-estetica. La rappresentazione grafica riprodotta attraverso lo stencil è interessante sotto molteplici aspetti: per l'oggetto riprodotto e lo stile, per la disposizione degli elementi e il loro legame col supporto fisico.

Stencil a S.Lorenzo, via degli Apuli, Roma 2005


L'oggetto di questa pittura a stencil su muro, di dimensioni 220 x 100 cm, sono le icone di 22 per 26 pixel della palette "strumenti" del programma di grafica bidimensionale Photoshop, della Adobe, nella fattispecie una versione successiva alla numero 6 dell'anno 2000-2001.


Palette strumenti per il fotoritocco del programma Adobe®PhotoShop®


La scelta di raffigurare in una forma pittorica queste icone evidenzia la volontà di dare una realtà fisica a quegli attrezzi tanto utilizzati che di solito sono visibili solo sullo schermo del PC, che vivono virtualmente e brevemente all'interno di un programma sotto forma di pixel. L'autore di questo stencil, con questa operazione dà valore all'esistenza di tali strumenti, li individua come elementi di un alfabeto. La loro stessa disposizione nel graffito in forma di tabella, in netto disaccordo con il loro assetto nel programma, ricorda quella di un abbecedario o di una tastiera. Il medium adottato, la pittura a spray su muro tramite maschera, enfatizza il carattere fisico della rappresentazione, il suo legame con il materiale, le irregolarità e imperfezioni dell'atto manuale. La vernice si lega al muro, penetra a macchia in esso, sgocciola verso il basso, seguendo i dislivelli della superficie, dando una sensazione organica al freddo reticolo di quadratini neri, riproduzione dei pixel dello schermo del PC.

Stuart Wood e Florian Ortkrass, Pixel Roller, Giugno 2005


La manualità rivela l'intenzione ed il bisogno di rendere unica e viva l'opera, di elevarla dalla semplice condizione di riproduzione meccanica, di restituirle il suo carattere artigianale di creazione legata all'atto in divenire del suo artefice, di donarle quell'unicum proprio di ogni opera d'arte.

Stuart Wood e Florian Ortkrass, Pixel Roller, Giugno 2005


In una direzione simile si muovono le ricerche degli artisti britannici Stuart Wood e Florian Ortkrass con l'invezione del Pixel Roller [4], sorta di pennello digitale capace di dipingere strisce di pixel su qualsiasi supporto precedentemente trattato con inchiostro fosforescente (i pixel sono creati da una serie di 12 led molto luminosi che eccitano l'inchiostro fosforescente lasciando tracce luminose che con il tempo scemeranno d'intensità).
Da tale ricerca si può comprendere la necessità, profondamente sentita dagli artisti contemporanei, per lo più coloro che hanno ricevuto una forte educazione informatica, di avvicinare all'elemento casuale, e per questo unico, dell'attività manuale-fisica, la programmazione e il disegno realizzato al computer. Non è solo un'esigenza estetica, di visualizzazione, quanto un bisogno di interagire con la realtà quotidiana, di infrangere quella divisione tra il virtuale proprio del digitale ed il mondo reale. Una distinzione, tra virtuale/digitale e vissuto reale, che va perdendo di significato allorché ogni informazione viene non solo transcodificata in un documento digitale, ma soprattutto fruita all'interno di un ambiente informatizzato.
A questa esperienza si possono avvicinare gli interventi artistici del gruppo Space Invaders nelle città europee. Piccoli mosaici o adesivi rappresentano in pixelart gli alieni dell'omonimo gioco al computer, costellano i muri delle maggiori città europee con la chiara intenzione di significare l'invasione del nuovo sentimento artistico influenzato dall'uso del digitale e del computer, che desidera "vivere" al di fuori del proprio mondo "virtuale" attraverso i piccoli "invasori" che si nascondono nelle strade che percorriamo quotidianamente.

Space Invaders, esempi di mosaici diffusi in tutte le capitali europee


Ecco dunque il senso degli stencil presenti diffusamente nelle città di Stoccarda ed Amburgo già dal 2003, dove sono rappresentati, sempre in pixelart, alcuni strumenti chiave dell'interfaccia uomo/macchina quali l'orologio (che indica l'attesa per un'elaborazione in atto del computer), lenti d'ingrandimento e soprattutto la freccia puntatrice, alter ego su schermo della posizione del nostro "mouse" su scrivania, ovvero il simbolo stesso di interazione dell'utente con ciò che vede, la possibilità stessa di operare cambiamenti sull'ambiente che lo circonda, infine l'entità stessa dell'utente nell'ambiente del proprio sistema operativo.



Stoccarda, 2003. L'orologio è presente in tutta la città, in tutti i posti dove si deve aspettare, come stazioni o semafori


Da questi esempi si può appurare come non ci si trovi davanti a semplici riproduzioni di icone, portatrici, alcune di più altre di meno, di un proprio significato e peso sociale, quanto a significanti di un altro mondo, quello informatico che possiede non solo un'altra estetica, derivata dalle caratteristiche tecniche della macchina, ma anche proprie regole e propri strumenti. Un mondo in cui vi è un solo abitante che è al contempo il capo indiscusso che può fare e disfare ciò che vuole senza dover rendere conto ad altri. Così il sistema operativo del computer è dominato dal binomio utente-macchina, dove l'utente è l'unico a comandare e il sistema suo servitore. Tale egocentrismo dell'utente del sistema operativo si visualizza visivamente attraverso il puntatore, quale potentissimo dito indice con cui sentenzia i suoi comandi. Ponendo elementi estratti dal sistema operativo del computer quali tasti ed icone, in ambienti urbani si creano due tipi di collegamenti: uno di tipo virtuale all'universo informatico, smaterializzando di fatto il supporto fisico su cui sono riprodotti; l'altro di tipo personale ed emotivo con l'osservatore, in quanto questi ritrova i comandi del "suo" sistema operativo sovrapposti all'ambiente pubblico, creando la falsa illusione di poter intervenire-interagire, attraverso "comandi di sistema", in maniera attiva sulla struttura stessa di tale habitat. In tal modo, inconsciamente, il luogo pubblico viene percepito come personale, privato ed individuale come la scrivania del sistema operativo del computer.

Amburgo, agosto 2004



Contemporaneamente, come in un gioco di specchi, i comandi informatici riprodotti su muro appaiono quali segrete leve di comando di un ambiente, quello fisico, che di colpo si presenta agli occhi dell'osservatore come una semplice apparenza, una tra molteplici configurazioni di un'interfaccia utente-sistema.
Di fatto la metafora della scrivania quale interfaccia tra un soggetto ed un sistema-macchina oscuro e dalle multiforme configurazioni e potenzialità, è divenuta un concetto applicabile anche ad altri ambiti, tra cui l'ambiente fisico in cui viviamo, come hanno studiato ampiamente i ricercatori statunitensi Mark Amerika e Christiane Paul.
Analisi dello Stencil.
Un discorso a parte si deve fare per il rapporto figurazione-sfondo, o meglio figurazione-supporto. La struttura tabellare dello stencil del quartiere S. Lorenzo (colonne e righe che formano 54 caselle quadrate), da una parte ripete, in scala più grande, la disposizione reticolare dei pixel che definiscono la base di ogni icona, dall'altra si pone come una griglia interpretativa sull'elemento fisico. Una griglia, composta di righe e colonne di minuscoli quadratini neri, che per la sua leggerezza di lettura, priva dell'unità a macchia, tipica della pittura a stencil, appare trasparente, virtuale, propria di un elemento interpretativo, sovrapposta all'elemento reale, fisico, concreto di una parete esterna di un muro (parete caratterizzata da macchie di vernici diverse, da crepe, tutti elementi che contrassegnano la sua materialità, il suo decadimento nel tempo).


Particolare dello stencil a S. Lorenzo


Il primo impatto che si ha nell'osservare lo stencil mentre si cammina assorti nei propri pensieri, è simile a un'allucinazione, frutto delle molte ore passate davanti al computer, per la mancanza di solidità della rappresentazione, per la sua leggerezza e la sua sistematicità.
La forza interna propria di questa struttura ci appare inoltre come un manifesto, come una dichiarazione di nuova vita ed estetica, di una nuova percezione, ormai influenzata dalla elaborazione, dalla matrice digitale: un sistema organizzativo che può inglobare in sé anche il mondo analogico, l'esperienza fisica.

Razo, strada della Bastiglia, Parigi, Agosto 2004
Ugualmente gli altri esempi di stencil che presentano un marcato gusto informatico, come pixel art o rappresentazioni geometriche di radice vettoriale, nella loro riproduzione su arredi urbani, facciate, pareti ed infissi sembrano smaterializzare i supporti stessi, ancor più che assumere essi stessi entità fisica, in quanto li percepiamo così chiaramente estranei all'ambiente, per colori, forme e riferimento a schemi virtuali, che sembrano fluttuare, distaccarsi dal supporto stesso e dichiarare allo stesso tempo una uguale virtualità dell'ambiente in cui sono immersi. Questo deriva dal nostro convincimento che ciò che sperimentiamo davanti allo schermo possiede una esistenza che va oltre la riproduzione elettrica, un convincimento che rimane radicato in uno stato inconsciente profondo, accresciuto dal tempo, dall'uso di strumenti che divengono quotidiani.

Nuria e Eltono, Guimaraes (Portogallo), giugno 2005

Di particolare importanza è la necessità sentita dall'autore dello stencil di evidenziare chiaramente il quadratino nero, elemento minimo che compone la struttura di questo graffito, rappresentazione in pittura spray di quel pixel luminoso che caratterizza la visualizzazione a schermo, carattere peculiare della grafica digitale.< È necessario mettere in luce questo aspetto soprattutto là dove a video le icone sono percepite senza divisorio tra pixel e pixel, ma come una sola forma scalettata. Nello stencil di riferimento invece il grigliato a pixel è l'elemento che si percepisce maggiormente, ulteriormente amplificato dalla disposizione adottata per presentare le icone (una tabella rettangolare con evidente divisione reticolare che differisce da quella della palette nel programma di riferimento).< Il motivo di ciò può essere rintracciato nell'intenzione di raffigurare tutti gli strumenti del programma, anche quelli nascosti, accessibili solo in una modalità particolare. Come già abbiamo avuto modo di far notare, la disposizione tabellare risponde anche alla necessità di proporre gli strumenti sottoforma di abbecedario, o tastiera di immissione di un nuovo alfabeto. Infatti nei manuali d'istruzione del programma la palette degli strumenti viene presentata, anche con tutti gli elementi nascosti, in un'altra forma, che mantiene la configurazione adottata nella rappresentazione a schermo (alta e stretta di 11x2 icone) ed è semplicemente "espansa".


Gli autori dello stencil: street art e informatica.
Vi sono però alcuni dubbi che rimangono; uno, il principale, l'identità dell'autore: si deve dar retta alla scritta "kandy" come si legge dalle lettere nelle ultime caselle in basso a destra, o come si suppone, alla casella vuota, esterna al reticolato dell'opera, in cui è spruzzato il nomignolo Rub ("gomma da cancellare")?

Particolare dello stencil a S. Lorenzo dove sono riportate due scritte, "Rub" e "Kandy", possibili "nickname" dell'autore


Anche in questo piccolo rebus si possono azzardare diverse ipotesi. Una di queste è che entrambe le scritte si riferiscano come soprannomi all'autore stesso ma per due ambiti diversi, uno "rub" per i graffiti e gli stencil, di appartenenza diretta all'ambito della street art, e l'altro, kandy, per quello della grafica a computer. Interessante è infatti notare come da una parte la scritta kandy sia realizzata in pixel art, come le altre icone, mentre "rub" è immessa nell'unico spazio vuoto lasciato dal tassello mancante della tabella, in maniera da essere chiara la sua appartenza alla riproduzione stencil ma allo stesso tempo esterna, come una vera e propria "firma" che non viene "riprodotta" a stencil, come kandy, ma apposta successivamente e "manualmente". In tal modo sarebbe chiaro l'intento di evidenziare il suo carattere di "ponte" tra due settori genericamente disgiunti.

Particolare dello stencil a S. Lorenzo dove sono riportate due scritte, "Rub" e "Kandy", possibili "nickname" dell'autore


Le considerazioni fin qui svolte rientrano nel concetto che Maeda definisce Post-digitale, caratterizzato da una influenza profonda dell'uso degli strumenti digitali-informatici, dei concetti nuovi introdotti da essi sulla coscienza sociale ed artistica. Il digitale come supermatrice ha introdotto l'idea di una materia, di un codice unico ed originale da cui possono derivare tutti gli stimoli analogici che conosciamo, di tipo video, audio, tattili, ecc…
Ancor di più si instaurano legami e confronti tra la natura come la conosciamo e una propria "naturalità" del nuovo codice digitale e computazionale (un esempio è Cellular Automata dello statunitense Mike Davis basato sul gioco "Life" di John Conway), ovvero sempre più artisti e programmatori ricercano formule adatte all'elaboratore in modo che possa divenire creatore di forme uniche, sempre diverse e vive in quanto in divenire, che posseggano un proprio codice personale di sviluppo.
Tutte le creazioni realizzate dal computer, per quanto siano vive, ovvero sempre in crescita, in continua modificazione, e per questo uniche in ogni istante, appaiono sempre come esperimenti teorici, perché vivono nei calcoli esatti del computer, perché riprodotte precisamente ed ugualmente su monitor o a stampa; non interagiscono con noi nel nostro ambiente spaziale, non considerano gli elementi casuali e i dati incorretti, infine non si convertono in oggetti analogici unici.
Ecco dunque la necessità di dare sostanza fisica ad ogni elaborazione informatica, di donarle quell'unicità della creazione artigianale, di unire la generazione assistita dal computer con l'elemento manuale e casuale del fare fisico.
Il computer deve servire per la fase progettuale dell'opera ma deve tradursi in una azione che renda conta del caso, dell'imprevisto, e meglio ancora della manualità intuitiva dell'autore stesso.
L'opera si deve legare al supporto, lo deve assecondare nella sua natura fisica, inglobando le sue imperfezioni, senza cercare di eliminarle.
Solo in questa maniera si può stabilire un'armonia e una continuità tra virtuale e reale, tra naturalità e sistema.


Riferimenti bibliografici
[1] John Maeda, Nature, Fondation Cartier pour l’Art Contemporain, Parigi 2005.
[2] Susan Elizabeth Ryan, "What's So New About New Media Art?", intelligent agent, rivista online www.intelligentagent.com, vol. 5 no. 2, 2005.
[3] Alan Kay, Doing with images makes Symbols: communicating with computers, video tratto da "Distinguished lecture Series" Volume I, Stanford University Video Communications, Palo Alto 1987.

A cura di Giovanni Anceschi, Il progetto delle interfacce. Oggetti colloquiali e protesi virtuali, Domus Academy Edizioni, Milano, 1992

Sergio Polano, L'icona invadente in 'La rivista di Engramma', n. 37: http://www.engramma.it/engramma_v4/rivista/saggio/37/037_polano.htm

Donald Norman, Le cose che ci fanno intelligenti, Feltrinelli, Milano 1995

AA.VV., Abstraction now, Edition Camera, Vienna 2003

Thomas Markussen, Thomas Birch, Transforming Digital Architecture from Virtual to Neuro - An Interview with Brian Massumi, intelligent agent, rivista online www.intelligentagent.com, vol. 5 no. 2, 2005

John Maeda, Maeda & Media, Thames & Hudson, New York & London 2000

Annabel Jankel, Rocky Norton, Computergrafica creativa, A.Vallardi, Milano 1986

Michael Rush, New Media in Late 20th-century Art, Thames & Hudson, New York & London 1999

Siti internet
[4] Random - Pixel Roller
http://random-international.squarespace.com/pixel-roller-video/

Per una storia del rapporto uomo-macchina visita anche:

Multimedia, from Wagner to Virtual Reality http://www.artmuseum.net/w2vr/

Per avere una panoramica generale delle sperimentazioni digitali contemporanee:
Neural
http://www.neural.it/

ALTX online network
http://www.altx.com/home.html

Rhizome
http://rhizome.org/art/

Leonardo on-line
http://mitpress2.mit.edu/e-journals/Leonardo/

Le ricerche sull'arte computazionale e generativa:

John Conway's Game of Life

http://www.bitstorm.org/gameoflife/

Mike Davis weblog
http://www.lightcycle.org/

Processing
http://www.proce55ing.net

Sviluppo di nuovi concetti nella cultura digitale:

Visual Complexity

http://www.visualcomplexity.com/vc/

The aesthetic + computation group

http://acg.media.mit.edu/

Tiltfactor
http://www.tiltfactor.org/

Techne
http://art.colorado.edu/

Grammatron
http://www.grammatron.com/

Sulla tematica dei graffiti e degli stencil vedi anche:
Stencil Revolution
http://www.stencilrevolution.com/homepage.php

Wooster Collective
http://www.woostercollective.com/

Duncancumming Graffiti
http://www.duncancumming.co.uk

Graffiti Archaeology
http://www.otherthings.com/grafarc/flash/view.htm






di Giuliano Valeri

articolo tratto da
http://www.newsletter-pixel.it/eventi/eventi_flash_06_05.htm